Si può imparare la felicità?
Felicità, parola magica! Ne abbiamo tutti talmente necessità, che basta vederla proposta sulla copertina di un libro o nella programmazione di “miracolosi” corsi di crescita personale, per esserne stregati, come dal canto delle Sirene. Ma questa giusta e sana attrazione verso una condizione di vero benessere, entusiasmo, proattività, genera talvolta un po’ di confusione riguardo a cosa sia necessario per raggiungerla e quali abilità sia importante sviluppare.
Eh sì, perché a volte capita di sentirsi veramente felici, di “toccare il cielo con un dito”, come si suol dire, ma poi… diminuisce, passa. Questa dinamica, anche se ci può sembrare sgradevole, in realtà è molto utile, perché ci porta a desiderare di nuovo di fare qualcosa per raggiungere nuovamente la felicità. È un’esigenza talmente sentita che, anche se in due contesti molto diversi, sono stati aperti due corsi universitari per “imparare come essere felici”. Il primo, nel 2018, che ha suscitato un enorme scalpore sia per l’incredibile numero di iscritti (1200), sia per l’università che l’ha proposto: niente meno che l’antico e prestigiosissimo College di Yale! Il secondo, l’anno dopo, a Torino, nella facoltà di Infermieristica.
Ma ha senso andare a scuola per imparare a essere felici? In genere si pensa che la felicità sia legata alla realizzazione dei propri desideri, condita con una buona dose di fortuna e che, senza le condizioni esteriori giuste, non si può essere felici.
In realtà, una delle intuizioni chiave della Psicologia Positiva, scuola psicologica guidata dal prof. Martin Seligman, è che la felicità e la soddisfazione sono fortemente accresciute mediante l’allenamento di alcune virtù cardine. I due docenti universitari, l’americana prof. Laurie Santos e l’italiano prof. Andrea De Giorgio hanno posto l’attenzione su due in particolare: la resilienza e la gratitudine.
Resilienza e gratitudine
Secondo la prof. Santos, per essere felici bisogna innanzitutto imparare a essere forti: ecco il significato della resilienza, cioè sapersi rialzare dopo una caduta, limitare e prendere le distanze dalla tristezza causata da un insuccesso, trovare sempre la motivazione per perseguire i propri obiettivi, nonostante gli ostacoli. Visto che non abbiamo il controllo sugli avvenimenti della nostra vita, è indispensabile attrezzarsi per affrontarli nel modo migliore possibile: se impariamo a trattare delusioni, insuccessi e frustrazioni, riduciamo considerevolmente l’infelicità e, di conseguenza, saremo felici per periodi più prolungati.
In più il segreto per mantenere più a lungo la felicità è la gratitudine. Di fatto, diamo tutto per scontato e finiamo per non dare valore a tutto ciò che ci circonda, limitando l’emozione e la gioia solo per gli eventi particolarmente significativi. Se provassimo a immaginare di privarci per un po’ di qualcosa anche di molto comune, ma che fa parte del nostro quotidiano, capiremmo l’importanza di dare valore a ciò che abitualmente abbiamo. Sto parlando, per esempio, dell’acqua calda per la doccia, di uno sfizio goloso, della presenza di un amico sincero. Per il neuroscienziato Andrea De Giorgio bisogna allenare la mente ad apprezzare anche le piccole cose.
Una “ricetta” personale
Ed ora, dopo tante illustri citazioni, vi propongo la mia ricetta, che suggerisco spesso ai miei clienti: teniamo sul comodino un piccolo quaderno e prendiamo l’impegno di scrivere ogni sera tre cose avvenute nella giornata per cui siamo grati. È il Diario della Gratitudine, la prova nero su bianco che, se solo prestiamo attenzione, abbiamo tanti motivi di felicità.
Sento sorgere da più parti l’obiezione:
“Ci mancherebbe altro, considerarmi fortunato per avere cose così banali e quotidiane, con tutto quello che mi manca!”
Ecco, qui sta proprio l’errore: non si tratta certo di rassegnarsi a fare a meno di raggiungere gli obiettivi che desideriamo, ma di creare delle solide fondamenta di serenità sulle quali poter più agevolmente costruire il futuro che vogliamo. E chissà che magari, essendo più tranquilli, non arriviamo a modificare (non al ribasso, certo!) alcuni nostri obiettivi, rendendoli più consoni a ciò che veramente chiede il nostro Sé profondo.