Progressi e innovazioni
Risale più o meno a 250 anni fa la prima vera Rivoluzione Industriale dell’epoca moderna. Un’innovazione tecnologica, l’invenzione della macchina a vapore, con tutte le sue successive applicazioni, cambiò per sempre il modo di lavorare dell’uomo.
È stato necessario poi un secolo per sostituire l’elettricità al vapore e per altri cento anni ci siamo sempre più perfezionati nel suo utilizzo. Ma la vera svolta è arrivata negli anni ’70 del secolo scorso con l’avvento dell’elettronica, delle comunicazioni e dell’informatica.
Da allora i tempi tra un’innovazione e l’altra sono enormemente accelerati: i progressi tecnologici e scientifici si susseguono con una tale velocità e sono già così ricchi di potenzialità di sviluppo appena nascono, da diventare in breve superati. Di conseguenza in pochi decenni abbiamo assistito alle cosiddette nuove Rivoluzioni Industriali: la terza, appunto, e subito la quarta con la compenetrazione tra mondo fisico, digitale e biologico. I robot sono parte integrante del processo produttivo e per la prima volta l’uomo è a tal punto aiutato dalla tecnologia, da essere sostituibile e molte volte sostituito. Un’infinità di abilità professionali si stanno perdendo.
La nuova Rivoluzione
Ecco perché si è sentita presto la necessità di una nuova Rivoluzione Industriale, la 5.0.
Lo scorso gennaio l’Unione Europea ha prodotto un report intitolato “Industria 5.0: verso un’industria più sostenibile, resiliente e incentrata sull’uomo”. In un certo senso si può dire che la vera rivoluzione sta nel fare un passo indietro e nel riportare l’uomo al centro: la capacità creativa, la competenza e l’intelligenza dell’uomo si devono sempre più integrare con le macchine e i sistemi di calcolo.
È importante dissolvere con i fatti l’idea che progressivamente l’uomo sarà sostituito dalle macchine: uno scenario apocalittico-fantascientifico, che genera inquietudine e angoscia.
Ecco allora la parola chiave: human-centric, rimettere l’uomo al centro,
La tecnologia è creata dall’uomo, ci permette di andare su Marte o eseguire calcoli complicatissimi in pochissimo tempo, ma non deve da serva diventare padrona.
La sfida è creare un nuovo mondo “umanocentrico” in cui accogliere creatività, potenzialità, intelligenza, emozioni e, perché no, anche le fragilità, tutte cose che rendono l’uomo unico e insostituibile.